Barbacoa: una rivisitazione casalinga del tradizionale “rito” della cucina messicana.

AVVISO IMPORTANTE: la lettura di questa ricetta è vivamente sconsigliata a vegani e vegetariani.
Sono per metà messicano, e per vicissitudini varie di vita che non starò qui a raccontarvi sono riuscito a tornare in Messico tre anni fa dopo appena trentun’anni di assenza.
Oltre ad aver potuto ammirare coi miei occhi le tante meraviglie di cui questa culla della nostra civiltà è ricchissima, ho ovviamente assaggiato ed apprezzato molti piatti tipici della cucina messicana.
In questo sono stato particolarmente fortunato, perché durante il mio soggiorno sono stato accompagnato da gente del luogo che mi ha sempre fatto degustare piatti realmente tipici.
Fra le varie pietanze che ho avuto modo di provare ce n’è una che mi ha davvero entusiasmato. In realtà ce ne sarebbero almeno tre o quattro ma questa mi ha particolarmente colpito, di certo anche per il “rituale” di preparazione che c’è dietro.
Il piatto in questione si chiama Barbacoa, parola che indica un particolare metodo di cottura della carne avvolta nelle foglie di maguey che avviene in una fossa scavata nel terreno. Il maguey altro non è che l’agave, dalle cui foglie in Messico vengono prodotti anche tequila e mezcal (ah, il Mezcal!).

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Uno dei popoli che abitavano questa zona geografica sono stati i tlaxcaltecas, ed è a loro che dobbiamo il nostro barbecue. Gli Tlaxcaltecas usavano le foglie arrostite di maguey per avvolgere carne di coniglio, armadillo, cervo, tacchino e iguana, che erano cotte poi in buche scavate nel terreno. Gli spagnoli restarono stregati da questa tecnica e introdussero l’utilizzo della carne di agnello. È così che è nato uno dei primi piatti meticci della Nuova Spagna: il “barbecue” di agnello.
Considerando la sconfinata estensione del Messico questo piatto conosce oggi numerose varianti e declinazioni. Quella che ci interessa adesso è la ricetta della barbacoa di agnello, che viene comunemente preparato nella parte centrale del Messico.
Si tratta di un piatto che rappresenta un’esplosione di sapori, profumi e colori, e viene servito con le tortillas di mais come accompagnamento.
Come ho già detto, gli indigeni cuocevano la carne in una fossa scavata nel terreno. Gia vi immagino che pensate “ma questo è cretino, vuole farci scavare una buca in casa” e quindi stoppo le vostre rimostranze sul nascere.
Premesso che una buca può sempre fare comodo (potreste sempre nasconderci il vostro tesoro o seppellirci chi vi chiede cosa fate a capodanno), sono qui per fornirvi un metodo alternativo per preparare questo piatto succulento. Ovviamente è un piatto che ha tempi di marinatura e cottura piuttosto lunghi, ragion per cui non potrete prepararlo se vi viene fame nel bel mezzo della notte.
Prima di addentrarci nella preparazione della ricetta occorre una doverosa precisazione. La maggior parte della cucina messicana che viene spacciata per tale nei ristoranti presenti in Italia c’entra con quella tradizionale del paese di Frida Khalo come io c’entro con il premio nobel per la medicina.
Quella che arriva qui è infatti una versione completamente distorta della cucina tex-mex e non di quella messicana. Maledetti americani.
Ma ecco la ricetta:
Mettiamo i peperoncini su una padella bollente e facciamoli “arrostire” per circa cinque minuti fino a quando non cambiano colore. Una volta raffreddati togliamo il gambo, li tagliamo e li immergiamo in una ciotola di acqua calda dentro la quale li lasceremo per circa un’ora.
Nella stessa padella che abbiamo usato in precedenza facciamo tostare i chiodi di garofano, il cumino e la cannella e poi li riduciamo in polvere. In un minipimer inseriamo poi i l’acqua con i peperoncini, la polvere appena ottenuta con le spezie, cipolla, aglio, origano, timo, aceto e succo di lime.
Con la parte più densa di questo composto cospargiamo la carne per poterla mettere a marinare. Possiamo avvolgere il tutto nella pellicola e riporlo nel frigo dove lo lasceremo per circa sei ore durante le quali avremo la possibilità di guardare una stagione della nostra serie tv preferita o tutto il film “La Meglio Gioventù”.
Al termine dalla serie accendiamo il forno a 160 gradi e prendiamo un tegame che “sporcheremo” di olio con un tovagliolo di carta.
A forno caldo inforniamo la pentola dopo aver aggiunto alla carne la parte più liquida della marinatura. In mancanza di foglie di aguey possiamo ricoprire il tutto con foglie di alloro. Copriamo ulteriormente il tegame con dell’alluminio a lasciamo cuocere la carne finché non risulterà tenera alla prova della forchetta.
Una volta spento il forno vi lasciamo la carne dentro per una quarantina di minuti tenendo il vassoio coperto.
Questo accorgimento consente alla carne di terminare la cottura e di distribuire i succhi in modo più uniforme. Non ci resta ora che tagliare l’agnello cotto a listarelle e cospargerlo col sughetto denso che si sarà formato nel tegame in cui lo abbiamo cotto. Come condimento potranno essere utilizzati una crema di frijoles refritos (di cui parleremo in un’altra puntata), del queso, una salsa di avocado o potremmo semplicemente fare un brodino non troppo lento con ceci, cipolla, carote e coriandolo per poi condire la carne che va rigorosamente accompagnata da tortillas di mais.
Non vi resta che gustarvi questo splendido piatto. Ovviamente ricordatevi di richiudere la fossa alla fine.

INGREDIENTI:

  • 1,2 kg di arrosto di agnello

  • foglie di agave o di alloro per coprire la carne

  • 4 peperoncini disidratati

  • 1 cucchiaino di semi di cumino

  • 1 cucchiaino di chiodi di garofano

  • 1/2 tazza di acqua bollente

  • 1 cucchiaino di origano essiccato

  • 1/2 cucchiaino di timo macinato

  • 3 cucchiai di aceto di mele

  • 1 cucchiaino di succo di lime

  • 1 piccola cipolla tagliata in quarti

  • 3 spicchi d’aglio

2 commenti

  1. Dario, non mangio da colazione e mi sono imbattuta nel racconto di questa ricetta che non sarò mai in grado di replicare. se mi avessi dato un calcio su uno stinco avrei sofferto meno!😞

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