Da parecchio tempo quando mi capita mio malgrado di leggere l’Amaca di Michele Serra provo un senso di fastidio, quello stesso senso di fastidio che mi procura ascoltare le lezioni di vita di “sotuttoio” Vittorio Zucconi o le omelie laiche di Massimo Gramellini.
La riflessione che mi viene da fare davanti a questi personaggi è che la pochezza e l’imborghesimento della sinistra italiana si riflette inevitabilmente anche su quelli che dovrebbero essere i suoi punti di riferimento culturali.
Chi scrive fa parte di una generazione condannata dai propri genitori all’incertezza e alla precarietà, e che in più si sente accusata dai responsabili di questo sfacelo socio-culturale di non essere in grado di assumersi le proprie responsabilità.
In questo contesto è ancora più avvilente dover constatare che personaggi come Michele Serra pontifichino nonostante il loro totale distacco dalla realtà nella quale molti di quelli che leggono il giornale per cui scrive sono costretti a vivere. Ammesso, ovviamente, che abbiano avuto la fortuna di frequentare un liceo e che quindi sappiano leggere.
L’Amaca del 21 aprile sul bullismo però non è solo frutto di questa supponenza, non è solo figlia della sindrome da santone che si nutre del proprio ego, ma è anche e sopratutto sgradevole e ignorante.
Ignorante perchè Michele Serra dice una cosa falsa, perchè il rapporto dell’Istat sul bullismo del 2014 (l’unico a mia disposizione ma presumo che i dati del 2017 non possano essere lontanissimi da questi – REPORT BULLISMO 2014 ISTAT) non solo non conferma la teoria per cui “non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore”, ma dice esattamente il contrario, smentendo la tesi classista di Serra.
Sgradevole perchè da buon “intellettuale” organico a ciò che resta di questo centro sinistra(?) Serra utilizza il tema del bullismo strumentalmente per colpire il Movimento Cinque Stelle in primis e Salvini poi parlando di populismo.
Serra è classista perchè non parla di zone o contesti sociali disagiati in cui il fenomeno del bullismo troverebbe terreno maggiormente fertile, cosa che sarebbe parzialmente comprensibile e condivisibile, ma espressamente di ceto sociale, come se educazione e dignità dipendessero dal fatto di essere figli di un dottore anziché di un operaio.
E’ un modo di pensare ottuso e piuttosto antico. E’ il modo di pensare di chi nella realtà non ci vive più da un pezzo.