Nick Drake, quando chitarra e voce possono bastare.

Ai geni basta davvero molto poco per lasciare tracce indebili di sé nella storia.

Calpestano con classe ed originalità la stessa terra che la maggior parte di noi occupa con volgarità e mediocrità e vi tracciano un solco profondo che quelli dopo di loro avranno la fortuna di poter ammirare.

Purtroppo in molti casi questo accade dopo un’esistenza in cui in pochi riescono a cogliere grandezza e talento. Come nel caso di Nicholas Rodney Drake.

Passato del tutto inosservato negli anni fra il 1969 e il 1972, quelli della sua intera produzione discografica, attorno alla figura di Nick Drake si creerà nei decenni successivi una sorta di culto che lo porrà fra le figure più emblematiche del cantautorato britannico e non solo. Probabilmente anche a causa della prematura scomparsa nel 1974.

Nato in Birmania nel 1948, nella sua brevissima carriera ha scritto tre soli album, riuscendo a creare nonostante questo uno stile molto personale e riconoscibillisimo, in cui intimità e inquietudine trovano spazio fra le corde di una chitarra che canta e le note di una voce delicata che invece sussurra.

Se dal punto di vista della scrittura non si può certo dire che Drake abbia inventato niente, il suo modo di “trattare” lo strumento ha rappresentato una vera e propria rivoluzione che lo pone fra i chitarristi più innovativi e talentuosi di sempre.

Drake infatti non si limitava a suonare con “canoniche” accordature aperte, ma suonava con aperture personalizzate e quindi differenti ogni singolo brano, dando o togliendo respiro agli stessi a seconda dell’urgenza comunicativa del momento.

Aveva la convinzione che la sua voce e la sua chitarra bastassero a comunicare tutto ciò che c’era dentro di lui e che dessero perfettamente voce ai suoi tormenti e alle sue sofferenze come agli sprazzi di speranza e serenità che si manifestavano in splendide aperture musicali.

Il suo sguardo malinconico, la sua figura alta e mingherlina e quel suo apparire ciondolante e quasi ingobbito, hanno contribuito a creare attorno al personaggio Drake un alone di mistero.

Dotato di un’indole schiva e riservata Drake provava disagio nel relazionarsi col pubblico che nei localini rumorosi e densi di fumo nei quali si esibiva finiva per coprire la delicatezza della sua musica.

Questo aspetto, insieme alla fredda accoglienza di pubblico e critica per i suoi primi due album Five Leaves Left e Bryter Layter e alla sua personalità fragile, causò con ogni probabilità la depressione con cui il cantautore fu costretto a convivere. Il suo momentaneo allontanamento dalle scene e il ritorno nella casa in cui era cresciuto ne furono una naturale conseguenza.

Le angosce che lo avevano avvolto sono percepibili in Pink Moon, un capolavoro di ventisette minuti in cui Drake riversò tutto sé stesso. Ad accompagnarlo soltanto la sua fidata chitarra e una piccola concessione a qualche nota di pianoforte nell’iniziale title track.

Ad alimentare il culto da “poeta maledetto” che circonda Drake, anche il fatto che del cantautore britannico non esistano immagini filmate, se non alcune in possesso della sua famiglia e che, in ogni caso, lo ritraggono ancora bambino.

Non è mai stato chiarito infine se Drake, morto ad appena 28 anni, si sia suicidato o abbia semplicemente assunto un dosaggio eccessivo di Amitriptilina, uno dei farmaci antidepressivi che gli erano stati prescritti.

Di sicuro, a distanza di più di quarant’anni dalla sua scomparsa, si può dire che Drake abbia consegnato alla musica una preziosa eredità di emozioni e un pugno di canzoni destinate a restare attuali ancora per molto tempo.

Un patrimonio, quello di Drake, fatto di un elemento distintivo fondamentale: il potere evocativo. Non è un caso che ancora oggi i suoi brani vengano sovente utilizzati per colonne sonore e pubblicità.

Agli appassionati di musica resterà per sempre il rammarico di non aver potuto continuare ad esplorare le pagine mai scritte di un libro fino ad allora semplicemente meraviglioso.

P.S. Chiudo con un aneddoto. Anni fa sono riuscito piuttosto fortunosamente a mettere le mani su una copia in vinile di Pink Moon. Non una copia qualunque, ma una prima stampa UK che ha un notevole valore commerciale. Ovviamente per me non ha alcun prezzo.

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