Morphine – Like Swimming. Una band “liquida” che ha rivoluzionato il rock.

Ci sono passeggiate sulla spiaggia che lasciano le loro orme sulla sabbia per sempre, indelebili, altre che si lasciano dimenticare presto, non appena arriva l’alta marea.

Ci sono notti speciali, notti avvolte da una fioca luce di una timida luna, dal rumore del mare, dalle sigarette consumate dal vento che accarezza i capelli. In quelle notti ci si ferma, rapiti, a contemplare l’oscurità quasi totale e a farsi trasportare altrove dai rintocchi delle onde.

Ci sono uomini che queste sensazioni sanno renderle meglio degli altri, che le tramutano in note, e riescono a farle vivere in dimensioni lontanissime, anche quando si è nel proprio letto o nel traffico, in città, all’ora di punta.

I Morphine sono la notte. Una notte liquida, avvolta nella nebbia del fumo delle sigarette consumate senza soluzione di continuità, sono il ritmo cadenzato e ipnotico, minimale ed essenziale, eppure pieno. La musica al servizio dei ricordi e delle emozioni.

Ci smorphine 2ono artisti nati per e con la musica, cresciuti con uno strumento come loro appendice, svezzati da localacci buoni per rottami alla Bukowski, fra bicchieri di scotch tintinnanti e una densa nebbia di fumo, ma con una costante sempre presente: la musica.

Ci sono artisti che dopo aver speso la propria vita per le sette note “scelgono” che anche la loro uscita di scena debba essere coerente con tutto quello che c’è stato prima.

Così è stato per Mark Sandman, o almeno mi piace pensarla così. Un giorno, dell’ormai lontano 1999, è salito su un piccolo palco di provincia vicino Roma, a Palestrina, per quello che doveva essere uno dei tanti concerti del tour europeo di quell’estate. Ha suonato pochi minuti, poi è sbiancato in volto e si è accasciato sul palco. Un infarto in scena, così Mark Sandman se n’è andato, appeso al suo basso a due corde, e con lui i Morphine e quella bizzarra utopia.

Ci sono storie che sembrano maledettamente poetiche eppur crudeli, affascinanti e tristissime, partorite dalla penna di qualche scrittore noir, eppure incredibilmente reali. Così come noir erano i Morphine, uguali a nessuno, onirici, eppure reali. Nelle interpretazioni algebriche delle composizioni musicali seguivano una concezione diametralmente opposta rispetto al resto del panorama discografico. Anziché aggiungere, sottraevano. “Less is more”, come amava dire Mark Sandman, togliere per aggiungere. Era una cosa molto intima la loro musica, un gioco di complicità per pochi.

Conway ci suonava insieme dalla metà degli anni ottanta, quando il giovane basso-chitarrista guidava una formazione chiamata Treat Her Right, che è giusto considerare la madre dei Morphine. Erano in quattro, c’erano un’armonica e una chitarra al posto del sax, ma l’idea era già allora quella di una musica ossuta e tagliente, uno swingante rock blues senza fronzoli che con le sue linee essenziali voleva tornare nel grembo di certi anni cinquanta.

Dopo tanti lavori di altissimo livello, gli esordi incensati dalla critica e e l’amore viscerale di uno zoccolo duro di veri e propri “seguaci”, nel 1997 Like Swimming risulta ai più un po’ sottotono. Non per la solita, immensa, qualità delle esecuzioni, ma per un’apparente stanchezza compositiva. Quelle due corde del basso sembrano essersi un po’ offuscate, girando attorno a se stesse in cerca di una direzione nuova ma ancora indefinita e nel frattempo finiscono per puntare sul sicuro, sul già sentito. Anche qui sono gli anni cinquanta a farla da padroni, con quello swing a tinte molto noir che avvolge tutto, cattura nel proprio vortice e poi alla fine ti butta fuori, dopo averti centrifugato e ossessionato. Ma per molti versi, non stupisce più, proprio per la sua stanchezza.

Like Swimming non è affatto un brutto album, tutt’altro, e nasconde in sé gemme di inestimabile valore. E’ il caso del meraviglioso blues di Early to bed, che tra fraseggi fra sax e tastiere sognanti e un ritmo sincopato che si ferma e riparte in continuazione regala atmosfere uniche. Così come Murder for the money, che è straordinariamente ritmata e potente, almeno relativamente ai canoni Morphine. Percussioni quasi tribali, voci che si sovrappongono, la chitarra elettrica che graffia e suona quasi hendrixiana, per poi rallentare e riprendere il ritmo di una cavalcata ipnotica e trascinate. Il resto è quasi ordinaria amministrazione, senza quei picchi verso l’alto dei lavori precedenti.

Ci sono notti di una bellezza disarmante, notti in cui la mente viaggia e si abbandona alle sensazioni percepite grazie agli stimoli di qualcosa di liquido e coinvolgente, quelle notti si chiamano Morphine.

Grazie Palestrina. È una serata bellissima, è bello stare qui e voglio dedicarvi una canzone super-sexy“. (Le ultime parole di Sandman prima di accasciarsi al suolo)

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